Il luogo che vogliamo condividere con voi è un posto molto nascosto, che sta pian piano scomparendo a causa, non solo di turisti incivili, ma di istituzioni cieche, che se ne importano di preservare la storia nel tempo, così da poterla far conoscere non soltanto con i ricordi, ma anche con esperienze reali: l’Abbazia e le Terme abbandonate di San Michele alle Formiche
Un accenno di storia
Le Terme abbandonate di San Michele alle Formiche, in origine chiamate Bagno di Spartacciano, situate nella valle scavata dal Fosso di Radicagnoli, sono state un importante centro termale segnalato nella Tavola Peutigeriana, antica carta stradale romana.
Nel medioevo i bagni sono esistenti e funzionanti, attestati da documentazioni risalenti al 1200 e utilizzati dall’Abbazia di San Michele dopo che fu costruita nel 1377. Fu meta di lebbrosi, sofferenti di artrite, piaghe alle gambe e soprattutto da persone di modeste condizioni economiche che non potevano permettersi la frequentazione di stabilimenti più importanti.
Il fabbricato oggi visibile fu costruito nel 1512, più volte restaurato fino all’Ottocento, quando, di proprietà del Conte de Larderel, fu gradualmente abbandonato all’inizi del ‘900. Quella che vediamo oggi è la parte residenziale che ospitava otto camere, un’osteria e il ponte a campate coperto, che conduceva alle terme.
Il nostro viaggio
Partiamo dall’inizio, perché se è importante la meta, ancor di più lo è il viaggio che intraprendiamo per raggiungerla e i nostri viaggi ci riservano sempre qualche sorpresa o imprevisto, per piccolo, insignificante o addirittura fastidioso possa sembrare, agli occhi degli altri: una afosa mattina di agosto, oltre 60 km da percorrere in poco meno di un’ora e mezzo di auto, che ci separano da Piombino (LI) a Pomarance (PI), tra strade provinciali, stradine polverose di campagna, guadi di fiumi in secca e la natura a fare da compagna.
Decidiamo di partire alla mattina presto per le terme abbandonate, visto il caldo, il lungo viaggio e altre tappe che, dopo i Bagni di San Michele, volevamo raggiungere, ma piccoli imprevisti (la nostra lentezza nel prepararci :D) non ci permettono di essere pronti prima delle 8:30: zaini pieni, molta acqua, cibo leggero, abbigliamento da trekking, ovviamente il nostro cane Tino e partiamo percorrendo inizialmente la strada che da casa nostra ci porta in direzione di Suvereto (LI), la SS398 fino a Venturina terme e successivamente la SR398.
Dopo una quarantina di chilometri, seguendo le indicazioni per Monterotondo Marittimo (GR), poco dopo il segnale di progressività chilometrica con indicato il numero 9, prendiamo in direzione del Lago Boracifero (GR) e della conseguente centrale geotermica Enel e poi, svoltando a destra dopo poche centinaia di metri in via dei Lagoni Rossi e tenendo la strada che ci troviamo davanti per un paio di chilometri prima di arrivare ad un bivio, dove seguiamo la direzione “Centrale Cornia” indicata da alcuni cartelli Enel.
Quindi percorriamo una strada sterrata piena di buche, attraversiamo due guadi sul fiume Cornia completamente senza acqua (da fare con la massima attenzione quando il fiume è in piena), con sali e scendi continui che ci costringono a rallentare e a godere di un bellissimo paesaggio collinare, rovinato dalle innumerevoli centrali geotermiche, ciminiere sparse ovunque ed enormi tubazioni che attraversano chilometri e chilometri di campagna.
Ed è in questo tratto di strada che troviamo il primo imprevisto: un trattore messo di traverso in mezzo alla strada ci impediva di continuare, così ci fermiamo, spegniamo il motore e scendiamo dall’auto incuriositi nello scoprire cosa fosse successo. All’improvviso, una bellissima mandria di diverse decine di quelli che abbiamo immaginato fossero bovini maremmani, sbuca da dietro il trattore e con la calma che li contraddistingue, si dirigono verso un’oliveta recintata, con alcuni splendidi esemplari con meravigliose corna bianche, che emettevano forti e lunghi muggiti, forse infastiditi dalla nostra presenza o forse solo intenzionati ad attirare la nostra attenzione mentre scattavamo le nostre consuete foto, come per dire, “fotografa me, fotografa me!”…e questo non lo sapremo mai! 😀


In meno di 10 minuti riprendiamo il nostro viaggio, seguendo le indicazioni per Pomarance, ci ritroviamo sulla SP49, strada provinciale della Leccia e visto era presto (no, non lo era affatto), decidiamo di fermarci per qualche foto in questo borgo di cui sia hanno notizie fin dall’anno 1000, che conserva, in piccolo, la
struttura medievale, che torneremo presto a visitare dedicandogli il tempo necessario: mancano poco più di 10 chilometri alle terme abbandonate di San Michele alle Formiche e non vediamo l’ora di arrivare, quindi torniamo velocemente in auto e in 15 minuti arriviamo al luogo indicato dal navigatore, un tratto di strada che si trova tra Montecerboli (PI) e Pomarance.

Dalle indicazioni per le terme abbandonate, che eravamo riusciti a trovare su internet, non con facilità, avremmo dovuto vedere dalla strada un cartello che indicava il percorso escursionistico e le relative segnalazioni del CAI, ma i segnali che il sito che stavamo cercando fosse poco tenuto in considerazione dalle istituzioni, si iniziavano ad intravedere, perché di tutto questo, nessuna traccia. Facciamo un paio di inversioni di marcia, scendiamo a vedere se dal ciglio della strada si intravede qualcosa tra la vegetazione, ma l’unica indicazione che troviamo, ci porta all’Eremo di San Michele, ma che avremmo voluto raggiungere a piedi soltanto dopo aver visitato le terme abbandonate di San Michele.
Stavamo perdendo un po’ le speranze: il caldo era sempre più insopportabile, avevamo quasi sfiorato le due ore di viaggio, il poco segnale sul cellulare non ci permetteva di ricontrollare le indicazioni su internet ma, all’improvviso, la perseveranza ha da dato i suoi frutti: una piccola stradina che in precedenza non avevamo visto, nascosta tra la vegetazione, si affaccia sul lato sinistro della carreggiata mentre percorrevamo la strada che da Montecerboli va a Pomarance, non eravamo sicuri fosse quella giusta, ma tanto valeva provare. Parcheggiamo poco dopo sulla destra della strada, su un piazzale sterrato, e ci avviamo, fiduciosi, zaini in spalla e Tino al guinzaglio abbastanza stremato dal viaggio, verso la nostra agognata meta, vogliosi di tuffarci nell’acqua fresca del fiume.
L'arrivo alla meta
Ci basta poco per capire che avevamo trovato il posto giusto, nascosto che più nascosto non si può, visto che all’inizio del percorso troviamo la cartellonistica che ci indica il percorso per l’Abbazia e le terme abbandonate di San Michele alle Formiche, nascosta tra la vegetazione, e impossibile da vedere dalla strada
Facciamo circa cinque minuti a piedi, non prima di aver notato un cartello che indica una, a noi sconosciuta, “Pozza della Campana”, che decidiamo di visitare in un secondo momento e ci troviamo davanti un paesaggio surreale, quasi incredibile pensare che pochi metri sotto la strada si possano trovare queste terme abbandonate, costruzione tanto affascinante quanto in completo abbandono e senza nessuna cura.
Nonostante la lunga siccità, siamo fortunati e troviamo sempre un po’ d’acqua lungo il piccolo torrente che scorre sotto le campate del ponte, che si regge in piedi nonostante sembra possa crollare da un momento all’altro, non abbastanza però per poter fare un bagno, ma quanto basta per rinfrescare noi e Tino.
Un cartello ci avverte del pericolo di crollo(chi l’avrebbe mai detto!), quindi cerchiamo una via alternativa e scorgiamo i segnali bianco/rossi del CAI che ci permettono di raggirare il pericolo e avvicinarci per ammirare e immaginare cosa potesse essere questo luogo nei suoi giorni di massimo splendore (se di splendore possiamo parlare, visto che erano terme per lebbrosi che non si potevano permettere di frequentare stabilimenti migliori!).
Resi conto che lì non potevamo fare il bagno per la poca acqua, andiamo alla ricerca delle “terme” vere e proprie e con non poca difficoltà riusciamo a vedere alla fine del ponticello, un rudere completamente coperto di edera ed altre piante e a nostro rischio e pericolo ci avviciniamo ed entriamo, trovandoci davanti non proprio un bello spettacolo: delle 4 vasche di marmo che in origine componevano le terme, ne rimane soltanto una in condizioni davvero pessime (a parte l’azzurro che ancora oggi ricopre in parte le pareti, senza marmo, con un acqua così stagnante(anche a causa della siccità immaginiamo) che facciamo fatica a pensare che fino all’inizi del XX secolo venissero usate per un qualsiasi scopo terapeutico. Facciamo qualche foto in fretta e furia, ci accertiamo che l’acqua calda solfurea ormai sia soltanto un lontano ricordo e usciamo.
È davvero un peccato che un posto che trasuda storia in ogni mattone, eretto nel XIII secolo, sia stato lasciato in preda a vandali, ladri e alle intemperie, ci piange il cuore pensare cosa ne sarà di questo posto tra 1, 5 o 10 anni (invece che terme abbandonate, saranno terme crollate!), ci sentiamo molto fortunati di essere comunque tra i pochi che ancora possono quanto mento immaginare cosa potesse essere questo luogo soltanto un secolo fa.
Nel nostro itinerario ideale, la prossima tappa sarebbe dovuta essere l’Abbazia di San Michele alle Formiche, in un percorso che dalle terme abbandonate, seguendo la segnaletica del CAI, si inerpica per un paio di chilometri su per una stradina in salita. Siamo molto dubbiosi dato il caldo afoso, ma ci facciamo coraggio e ci avventuriamo, alla ricerca dell’eremo che si erge sulla sommità del poggio di Gabbro, visibile anche dalla strada principale da cui siamo arrivati. Non sappiamo bene cosa ci aspetta, quanto sia di preciso la distanza e con quale pendenza ma presto lo scopriremo…
La prima mezz’ora è abbastanza agevole, il passaggio attraversa il bosco, quindi l’ombra della vegetazione ci facilita l’escursione, a un certo punto ci troviamo ad un bivio con l’indicazione dell’Abbazia e una vista sulla campagna circostante davvero notevole.
Siamo quasi arrivati, ci diciamo, e invece no: ci attendeva un’altra mezzora completamente sotto il sole, in salita, su un terreno di buche e sassi sporgenti. Non ci perdiamo certo d’animo e non ci facciamo scoraggiare, eravamo solo un pochino preoccupati per il nostro compagno a quattro zampe, che, lasciato libero dal guinzaglio, intelligentemente, ci seguiva tra la fitta boscaglia circostante.
Ad un certo punto troviamo un piccolo boschetto con una panchina e un tavolo e decidiamo di riposarci dieci minuti. Finita la sosta, mancano gli ultimi dieci minuti, arriviamo in cima al poggio e tra le due pareti rimanenti dell’Abbazia, si apre davanti a noi uno spettacolo meraviglioso: chilometri quadrati di verde, bosco, colline, campagna, fino a scorgere, in lontananza, la possente fortificazione di Rocca Sillana.
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Notiamo i resti di un falò e mentre ci godiamo il paesaggio, in religioso silenzio, già immaginiamo di tornarci, attrezzati di tenda e di svegliarci all’alba davanti a cotanta bellezza, ma per il momento decidiamo di tornare indietro, la fame si faceva sentire e prima di andarcene volevamo scoprire cosa fosse quel “Pozzo della Campana” e trovare un posto sul torrente per fare un benedetto bagno rigenerante.
Tornati ai bagni di San Michele alle Formiche, facendo il percorso inverso, ci avviamo verso la nostra nuova scoperta, così interessante e sorprendente che merita un articolo a parte!