Direzione Vallone dell’Arma a raccogliere origano e, forse, Lago Resile o Castelmagno: il tempo è incerto e noi non siamo così temerari da sfidare i temporali in un trekking tra le Alpi!
Quest’anno siamo in anticipo, anche se nell’escursione di ieri a Narbona e le alte borgate, in Valle Grana, ne avevamo trovato! L’ideale è arrivare quando sono già passate le mucche…è incredibile come riescano a essere selettive con la loro grande bocca! Non lo tollerano proprio e brucano tutta l’erba intorno con una precisione chirurgica!
Arriviamo a Demonte, in Valle Stura, passando da Borgo San Dalmazzo, dietro a uno degli innumerevoli TIR diretti in Francia attraverso il Colle della Maddalena, che attraversano questa via stretta centrale con gli edifici un tempo puntellati per la stabilità!
Quando Luca era piccolo salivamo al colle con l’auto e, tra un tornante e l’altro, guardavamo le marmotte andare a nascondersi nelle tane, fra un fischio di avvertimento e l’altro.
Vallone dell’Arma
Appena terminata la strada, imbocchiamo una deviazione sulla destra e proseguiamo verso il Vallone dell’Arma dove, all’altezza della diga, ci fermiamo a raccogliere l’origano.
È ancora presto e sono pochi gli steli fioriti…neanche le mucche si sono viste, l’erba è alta!
Il tempo regge e decidiamo di salire in alto, verso il colle della Fauniera o dei Morti e poi decideremo in base al tempo.
La strada è stretta e, per fortuna, troviamo poche auto in senso contrario! Lascio passare una carovana di fuoristrada svizzeri: non vorrei mai intralciarli con la mia Smart! Un ciclista non giovanissimo (giusto un eufemismo) è costretto a lasciare passare imprecando loro e noi che ci accodiamo: gli hanno interrotto lo sprint! Un fisico invidiabile: lo abbiamo visto passare e salutato quando ci siamo poi fermati, con un’andatura sciolta e costante da fare invidia a molti.
Tutta la zona è meta di ciclisti perché, per pendenza e altitudine, è un vanto e una sfida per molti. Se avete garretti possenti e polmoni buoni ve la consiglio sicuramente: la pendenza oscilla tra il 7 e il 13 per cento!
Percorriamo spesso questa strada: mi piace ritornare nei luoghi dove sono già stata e che mi hanno lasciato un segno. È un po’ come ritrovare dei vecchi amici e passare a salutarli! Ritrovo il masso ricoperto di licheni che spicca in questa valle priva di vegetazione, con malghe isolate tra i vasti prati dominati da guglie rocciose!
Luglio è il mese più bello per la montagna, in pratica come la primavera per la pianura: macchie a tratti gialle o rosa si intersecano tra loro mischiate al bianco colorando la montagna.
Il colle di Valcavera
Arriviamo al primo colle che si presenta con un paesaggio per me lunare e per Carlo, mio marito, marziano: il colle di Valcavera, 2416 metri s.l.m.
Da qui parte, tra l’altro, il sentiero naturalistico Lou viol d’es Fiour che arriva alle Rocce Serour e lungo il quale abbiamo trovato le stelle alpine!
A seconda di dove si guarda, è un intrecciarsi di roccia liscia e nuda, a tratti beige a tratti rossa con prati fioriti.
Il Vallone dei Morti e il colle della Fauniera
Proseguiamo verso il Colle dei Morti o, più felicemente, della Fauniera passando per il Vallone dei Morti.
Qui, nel 1744, le truppe franco-spagnole massacrarono in combattimento i pochi soldati austro-piemontesi. Anche la popolazione della zona, composta da uomini e giovani, pastori e contadini, poco attrezzati e mal armati, partecipò agli scontri per difendere le proprie case e famiglie.
Ci fermiamo in prossimità di una chiazza di neve per fotografare il Vallone dell’Arma e salutare l’anziano ciclista che con notevole fiato e gambe prosegue la sua salita! Contraccambia contento il saluto, non è più infastidito, almeno non con noi!
Sale la nebbia e arriviamo senza sostare al Colle della Fauniera, già colle dei Morti, a cui è stato cambiato il nome in una versione più ottimistica nel 1999. Come sempre c’è un gruppo di bikers e motociclisti fermi a immortalarsi in una foto presso la statua dedicata a Marco Pantani, che in questa tappa vinse la maglia rosa nel Giro d’Italia del 1999.
Sopra la strada si arriva dopo pochi metri alla Cappelletta dedicata alla Beata Vergine (le foto sono di una gita precedente).
Lago Resile
Scendiamo per alcuni chilometri e decidiamo di deviare al Colle di Esischie, verso il lago Resile. L’alternativa sarebbe quella di andare al Santuario di San Magno, imponente e austero che domina la Valle Grana, ma il vento e la nebbia ci fanno preferire una meta più bassa e riparata.
Il colle d’Esischie, 2370 metri s.l.m., porta in Valle Maira, una tra le valli più belle e ricche d’acqua…ma tutto il cuneese lo è, attraverso una strada asfaltata a tratti impegnativa perché franosa.
Scendiamo attraverso curve e tornanti tra alpeggi e costruzioni isolate e, dopo circa cinque chilometri, si nota sulla destra un parcheggio con dei larici ai lati.
Di fronte l’indicazione per il lago Resile: è un percorso brevissimo, un bel sentiero di poco più di cinque minuti e adatto anche ai bambini.
Il lago alpino è di origine glaciale, per metà circondato da larici che arrivano anche a pelo dell’acqua e l’altra metà da prati fioriti, dove scorgo l’arnica, che cito perché uno dei pochi fiori di cui sono sicura! Una volta era tipico far macerare i fiori nell’alcool e frizionare gli arti doloranti!
È un bel posto, rilassante e scenografico, da cui si può a scorgere, nelle belle giornate, il Monviso! Difficile non trovare compagnia, ma si riesce sempre a rimanere in solitudine, dove i suoni che si percepiscono sono i campanacci delle mucche e i fischi delle marmotte! Il colore dell’acqua varia a seconda del cielo, spaziando dall’azzurro intenso quasi blu al verde, con la sagoma dei larici che si riflette nel lago.
Il vallone di Marmora
Si alza il vento anche qui e ritorniamo all’auto, scendendo lungo la strada che si addentra in un bosco di larici. Poco prima però vediamo una mandria placidamente accovacciata quasi sul ciglio della strada e i vitellini attirano la mia attenzione…con la velocità da bradipo che mi ritrovo, prima di prendere il cellulare per una foto, riesco a disturbare una mucca che, comunque, non si agita più di tanto!
Mi fermo nuovamente in un tornante con il muro ancora rotto a scattare una foto! In quella con il cielo sereno di alcuni anni fa si vede il Monviso.
L’asfalto è rovinato e in un breve tratto sono contenta di essere in discesa perché ho seri dubbi che la povera auto sarebbe riuscita ad arrancare in salita.
Consiglio di non scegliere questo percorso in giornate di pioggia e temporali!
Penso intanto a quanto la zona debba essere bella al cambio di stagione, con le tonalità che assumono i miei amati larici! È uno tra gli alberi che preferisco, insieme ai faggi: stanno bene in compagnia ma si esprimono anche da soli…il mio carattere genovese spunta fuori!
Arriviamo al bivio con la Valle Maira, a Marmora, dove troneggia la centrale elettrica. Da qui, a sinistra, si sale verso Acceglio fino alle sorgenti e cascate del Maira, partenza anche di bellissime escursioni. Per tornare a valle, invece, si attraversa Dronero, con a lato il famoso ponte del Diavolo e si giunge a Cuneo.
Grazie Patrizia per avermi ospitata nel tuo bellissimo blog!
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Questo articolo è stato scritto da Francesca, un’amica / blogger Ligure molto brava.
Il suo blog, “La Maggiorana Persa“, tratta di ricette, curiosità, Liguria e racconti, vi consiglio di visitarlo! https://www.lamaggioranapersa.com/